Creato il primo test genetico che individua il DNA associato al rischio grave di Covid-19 grave

Il test da Genartis, spin-off dell’Università di Verona, si basa sull’individuazione della regione di DNA ereditata dai Neanderthal

Genartis ha messo a punto il primo test genetico al mondo in grado di rilevare i fattori di rischio genetico associati al Covid-19 grave. Oltre ai fattori di rischio già individuati (età, patologie pregresse, sesso maschile), la possibilità di contrarre una forma grave di Covid-19, infatti, è determinata dai nostri geni, in particolare da quelli ereditati dai Neanderthal.

LO STUDIO

Lo studio dell’università scaligera, grazie al team guidato da Massimo Delledonne, professore ordinario di Genetica e uno dei più grandi esperti di tecnologie genomiche in Italia, conferma che circa il 14% degli italiani possiede il DNA di Neanderthal associato alla forma più grave di Covid-19 e, attraverso lo spin-off Genartis, ha realizzato il GenTest Covid-19 Risk che permette di individuare i soggetti che hanno ereditato quelle basi nucleotidiche.

“Si tratta di un fattore di rischio – spiega il professor Delledonne – ereditato oltre 50mila anni fa da uomini primitivi presenti soprattutto nell’Europa meridionale. Ciò non significa che chiunque abbia questa regione di DNA si ammalerà, ma se si ammalerà avrà una alta probabilità di sviluppare un Covid-19 grave”.

Dall’inizio della pandemia, la ricerca scientifica ha compiuto un enorme sforzo per comprendere i meccanismi biologici dell’infezione da SARS-CoV-2 e della patologia respiratoria che ne deriva. Il Laboratorio di Genomica Funzionale dell’Università di Verona, che da anni è impegnato nell’identificazione di fattori genetici coinvolti nelle patologie, ha investigato i risultati del “Covid-19 Host Genetics Consortium” (rilasciati lo scorso 24 novembre) che estendono lo studio ad oltre 8mila pazienti Covid-19 ospedalizzati, di cui quasi 5mila gravi, rafforzando ulteriormente i risultati dello studio precedente di cui tanto si è parlato nelle scorse settimane. 

Il gruppo guidato da Delledonne ha, inoltre, integrato l’analisi ricercando la regione di DNA neanderthaliano associata al Covid-19 grave nella propria banca dati di DNA che comprende oltre 4mila italiani. La ricostruzione “in silico” della sequenza dei due filamenti di DNA nella regione di 50mila basi presente sul cromosoma 3 ha permesso di identificare la presenza dell’aplotipo neanderthaliano associato al Covid-19 grave nel 14% dei genomi analizzati, confermando le frequenze europee identificate negli studi precedenti (16%). Ne deriva che circa 1 italiano su 6 porta la “regione Neanderthal” nel proprio genoma. L’analisi effettuata ha confermato, inoltre, che l’intera regione è in “linkage disequilibrium”, ossia viene generalmente ereditata per intero. Questo significa che se un individuo possiede una delle varianti genetiche presenti in questa regione, possiede con altissima probabilità anche tutte le altre.

“Grazie a questa caratteristica – spiega Delledonne – è stato possibile sviluppare un test molecolare che permette di monitorare la presenza o l’assenza dell’intera regione associata al Covid-19 grave nel DNA di un individuo, senza la necessità di sequenziare l’intero genoma. Il test è stato validato sul DNA di una popolazione di individui di cui il Laboratorio di Genomica Funzionale ha a disposizione dati genetici e ha dimostrato un’accuratezza del 100%, ossia non ha mai sbagliato nell’identificare se un individuo porta o meno la regione di Neanderthal”.


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